Foto ©Giacomo Corradini
Foto ©Giacomo Corradini
A 1.300 metri di altitudine, tra le pieghe verdi delle montagne di Chiang Mai, esiste un luogo dove l’orologio sembra fermarsi, la nebbia accarezza le tegole di legno e ogni sorriso profuma di zenzero e foglie bagnate. Questo è Mae Kampong, un villaggio sospeso tra natura incontaminata e cultura radicata, una tappa obbligata per chi non cerca la Thailandia da cartolina, ma quella che si lascia vivere lentamente.
Appena varchi la soglia del villaggio, ti accorgi che Mae Kampong non si visita: si attraversa con rispetto, si ascolta con attenzione e si abita con lo spirito. Io ho scelto di dormire in una homestay tradizionale, accolto da una famiglia che mi ha insegnato quanto possa essere potente la semplicità: bagno freddo, colazione calda, risate genuine. Ho partecipato alla preparazione del miang, foglie di tè fermentate avvolte in spezie, zenzero e arachidi. E mentre sorseggiavo il tè locale, osservavo la luce del mattino filtrare tra le palme.
Per un fotografo, Mae Kampong è una danza continua tra luce e penombra. L’alba è un velo di nebbia che abbraccia i tetti in legno scuro. Ho scattato con la mia Sony A7III impostando ISO bassi, priorità alle ombre e profili S-log per catturare la profondità cromatica dei verdi umidi. Le strade strette sono un susseguirsi di scene intime: anziani che lavorano il bambù, bambini che giocano scalzi tra le frasche, monaci silenziosi che attraversano il villaggio al mattino. È qui che la fotografia torna alla sua radice: narrazione visiva e rispetto.
🗓 Miglior periodo: Novembre–Febbraio. La nebbia mattutina è frequente e crea un’atmosfera cinematografica naturale.
📷 Consiglio tecnico: porta un obiettivo luminoso (f/1.8 o f/1.4), cavalletto leggero e ND filter per i ruscelli.
🏡 Dove dormire: scegli una homestay gestita da famiglie locali – l’esperienza vale più di mille hotel.
🚶♂️ Cosa fare: trekking fino alle cascate di Mae Kampong, visita alla piantagione di tè, meditazione al tempio Wat Khantha Pruksa.
💡 Tips per storytelling: documenta con lentezza. Non serve rincorrere lo scatto perfetto. Lascia che sia il villaggio a raccontarsi.
Mae Kampong prende il nome da due elementi naturali: “Mae” (madre/fiume) e “Kampong” (un fiore locale che cresce lungo il torrente).
Il villaggio è un modello di turismo sostenibile approvato dal governo thailandese: ogni visitatore deve essere registrato, e le famiglie ricevono incentivi per ospitare in modo responsabile.
Qui si pratica ancora l’antica arte della fermentazione del tè, tramandata da generazioni, con rituali simili a quelli delle culture Hmong.
In un mondo in cui siamo abituati a “consumare” i luoghi, Mae Kampong mi ha insegnato l’arte del “condividere lo spazio”. Questo villaggio non è solo una meta da spuntare: è una lezione di lentezza, umanità e verità. Camminare tra quelle case in legno, con il suono dei ruscelli come unica colonna sonora, mi ha ricordato perché ho scelto di raccontare il mondo con una camera e non con le parole. Ma oggi, a queste parole ci tengo.